Cultura Digitale: la Staffetta Bimed tra Chat Gpt e innovazione didattica

LA STAFFETTA DI SCRITTURA PER LA CITTADINANZA E LA LEGALITÀ

Il format che offre autonomia pratica e libertà di pensiero ai nostri giovani

 

Quasi 60 anni fa l’ingegnere italiano Giulio Natta vinse il Nobel assieme al tedesco Karl Ziegler per la Chimica, e più specificatamente per la polimerizzazione stereospecifica: un processo che aprì una nuova era nella chimica dei materiali con ricadute applicative che hanno influenzato profondamente l’industria delle materie plastiche e le abitudini (anche domestiche) di tutto il mondo. In breve il nostro Giulio Natta è stato definito a quei tempi il “papà della plastica”. Fu un successo mondiale: industrie e famiglie poterono utilizzare questa “nuova” materia nelle forme e nei modi più disparati.

Per la plastica fu un periodo davvero esaltante fin quando, a poco a poco, l’uso della plastica si mutò in un vero e proprio abuso scandaloso.

Questa breve storia ci dimostra che ogni invenzione, ogni creazione umana ha sempre i suoi pro e contro, quando specialmente da un uso positivo e intelligentemente ben gestito si passa a un abuso che molto spesso, e in varie forme, va a incidere sulla vita delle persone (es. la fissione e la fusione nucleare che hanno portato alla bomba atomica e a quella all’idrogeno).

Quindi, secondo noi della Bimed, ogni invenzione deve essere controllata nel suo specifico uso e, quindi, ogni utilizzo che va a limitare o privare la persona di una sua se pur minima qualità umana e umanizzante non può che essere intesa come un abuso.

È di questi giorni la diffusione di un programma digitale di scrittura denominato Chat Gpt (Chat Generative Pre-trained Transformer) sul quale basta scrivere una parola, una frase o una domanda che il programma si mette a scrivere tutto quello che “sa” sul tema proposto da ogni qualsiasi scrivente. Da questa nostra azione, ne può uscire una storia, una ricerca, un’analisi, un catalogo di dati e informazioni scritte in forma sintattico-grammaticale molto corretta; il cui risultato si può stampare e magari, facendone un chiaro abuso, consegnarlo al prof come tema o compito svolto, mirato a ricevere un voto o una valutazione. Diciamo questo perché sappiamo che è già avvenuto in varie scuole del mondo.

Questo problema ha portato molte Università australiane a sancire una svolta radicale: gli esami scritti, d’ora in poi, si faranno in presenza con carta e penna. Una urgenza motivata da questo allarme nei confronti di quei software che producono saggi scritti praticamente indistinguibili da quelli scritti dagli umani.

A parte queste scelte, la nostra Chat Gpt, senza demonizzarla, potrebbe essere utilizzata a scuola, per fare indagini veloci, per confrontare lo scritto su un tema che svolgerà tanto il programma digitale quanto gli stessi ragazzi, fare domande su temi ignoti alla classe, etc. Insomma ci si potrebbero svolgere attività didattiche interessanti se si usasse Chat Gpt come un trampolino di lancio-stimolo per le proprie abilità personali di scrittura, di fantasia e di impegno personale. Ma anche qui inevitabilmente sorge la domanda: Perché farsi aprire la “strada” da un programma digitale, se ogni giovane ha un “programma” ben più complesso e cioè quello della sua articolata “macchina” neuronale?

Il rischio purtroppo è che da anni le nuove generazioni usano il digitale e i suoi vari software come punto d’arrivo finale e non come invito alla elaborazione personale: il copia e incolla è stato il primo e vero danno reale nei confronti dell’impegno intellettivo dei nostri giovani; e lo sarà ancor di più per i nostri giovanissimi.

In breve ritorniamo al solito tema-problema che la Bimed ha già trattato nel convegno sul digitale del 2021, raccolto nella pubblicazione Armonia Vita e Cultura Digitale, nel quale emerge prorompente il motto latino “Abusus non tollit usum”. Quindi se l’abuso non esclude l’uso, questo dovrà impegnarci ancor di più a esaltare e pro-muovere l’idea creativa umana, le sue forme di scrittura, l’importanza della relazione e del confronto democratico tra i giovani, l’interscambio delle “menti” utile a relativizzare la propria mente personale, etc.

Questo problema crediamo che debba far ridimensionare, in tutte le scuole italiane, gli abusi del digitale poiché è da anni che la scuola italiana (ma non solo) si è da sola “incartata” nel digitale, senza considerare che il computer ha già creato e creerà sempre più l’indistinguibilità fra il fare umano e il fare digitale, quando al contrario esiste una differenza sostanziale fra l’intelligenza umana e quella digitale. Differenza che ci viene confermata dal fisico italiano Federico Faggin che oggi, dopo essere stato inventore e produttore del microprocessore (circuito elettronico dedicato alla elaborazione di istruzioni per il computer), ribadisce con forza la distinzione qualitativa e quantitativa fra l’uomo e la macchina digitale.

Un organismo vivente non rimane mai la stessa entità fisica e psichica da un istante all’altro. L’hardware del computer, resta la stessa struttura fisica fino al momento i cui esce dalla fabbrica fino a quando smette di funzionare o viene eliminato.

Il dinamismo di un organismo vivente è irriducibile e prodigioso, che si manifesti come batterio o come essere umano. La vita è come una fiamma che produce altre fiamme dividendosi. Ecco perché, per creare una nuova vita, bisogna sempre cominciare dalla vita. Come riassunse il biologo secentesco Francesco Redi: “Omne vivum ex vivo”, ossia tutto ciò che è vivo deriva da qualcosa di vivo. L’unico modo per “costruire” la vita è sempre e solo la vita. [1]

E la scuola questa distinzione ha l’obbligo etico di non trascurarla, poiché l’educazione e la formazione non può che essere umanizzante. Gli stessi docenti dovrebbero rendersi conto che non possono essere dei freddi osservatori scientifici, ma degli osservatori e attori che conoscono vivendo, cioè osservando la vita reale e attiva dei loro studenti e di loro stessi.

È importante sottolineare che la natura dell’osservatore “scientifico” – che si limita a fare delle misurazioni accurate, restando distaccato e spassionato da ciò che osserva, dato che presume che il mondo sia una macchina che obbedisce a leggi matematiche – è del tutto diversa dalla natura dell’attore osservatore che “conosce vivendo”. Il primo non si sente parte del fenomeno osservato, mentre il secondo partecipa – pancia, cuore e testa – alla creazione della realtà che osserva e vive. E, in quanto tale, egli sa di essere responsabile della sua esperienza. [2]

Noi tutti vogliamo una scuola con osservatori responsabili delle loro esperienze, tanto quelle semplici quanto quelle più complesse, facendo sempre uso della pancia, del cuore e della testa.

Per questo oggi siamo ancor più certi e sicuri che tutte le nostre Staffette Bimed eviteranno questi software digitali non certo per una mera visione apocalittica, ma in piena coscienza perché entrare nella logica della Chat Gpt (o di altro software) significa uscire dalla logica dell’impegno, dalla personalizzazione, dalla esaltazione della creatività collaborativa, dalla stessa idea di cittadinanza intesa come pro-mozione dell’umano.

Quindi come Bimed non possiamo che essere orgogliosi di porre un freno ad ogni abuso digitale che di fatto deprime l’impegno allo studio, la conoscenza motivata, la relazione integrata fra le menti che deve pro-muoversi, principalmente e prioritariamente, dalle doti reali dei nostri alunni e alunne, del nostri studenti e studentesse.

E allora: guai a chi volesse demonizzare Chat Gpt! In ogni caso, però, facciamo in modo di avere il governo di questo rilevante pezzo di AI e facciamo in modo che entri nella scuola… Il grande obiettivo è probabilmente quello di mettere la scuola nella condizione di sfidare Chat Gpt e l’AI sino a dimostrare che non v’è nulla di paragonabile alla dimensione umana che non è solo neuroni, chimica e/o biofisica piuttosto capacità di coniugare ragione e sentimento che sono poi il sostrato che ci permette di privilegiare sempre, innanzitutto nella scuola, il valore del processo che per l’umano è imprescindibile dal valore del prodotto e/o del risultato.

di Andrea Iovino e Maurizio Spaccazocchi
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NOTE
[1] Faggin F., Irriducibile, La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura, Mondadori, Milano 2022, pp.75-76.
[2] Faggin F., Irriducibile, Mondadori, Milano 2022, p.246.

 

(foto di Gerd Altmann da Pixabay)