Le prove invalsi e la discriminazione dell’intelligenza umana

Le prove invalsi e la discriminazione dell’intelligenza umana

Le prove Invalsi, a detta del Ministero e di alcuni pedagogisti, sono dei test fondamentali per valutare l’ammissione alle prove dell’esame finale, ad esempio, della terza media. Si tratta di 3 prove composte da tre test, uno di Italiano, uno di Matematica e uno d’Inglese.

Per noi, al contrario, queste le proposte disciplinari dell’Invalsi sono palesemente discriminatorie nei confronti delle tante altre forme di intelligenza che non comprese in queste prove. E ancora sono ulteriormente discriminatorie perché, senza affermarlo con chiarezza, determinano senza alcuna base logico-scientifica che nella vita delle nuove generazioni basta aver sviluppato una intelligenza in Italiano, in Matematica e in Inglese. E questo, tra l’altro, non considera che comunque tutte le forme di intelligenza concorrono allo sviluppo di una mente globale integrata che tocca anche le condotte etiche, estetiche, di cittadinanza e di legalità.

Quando lo psicologo statunitense Howard Gardner pubblicò Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza (Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, 1983), Feltrinelli, Milano, 1987 e 2002, presentò tutta una serie di intelligenze che potevano e dovevano contribuire, anche e soprattutto, allo sviluppo generale di un’intelligenza multidisciplinare, aperta alla collaborazione fra i diversi saperi umani di cui hanno tanto bisogno, per il loro futuro professionale, i nostri giovani.

Queste sono le intelligenze che Gardner ha individuato nel suo costante lavoro di ricerca: intelligenze che ora noi sintetizziamo con i soli titoli:

Intelligenza logico-matematica, Intelligenza linguistica, Intelligenza spaziale, Intelligenza musicale, Intelligenza cinestetica o procedurale, Intelligenza interpersonale, Intelligenza intrapersonale, Intelligenza naturalistica, Intelligenza filosofico-esistenziale, Intelligenza disciplinare, Intelligenza sintetica, Intelligenza creativa, Intelligenza rispettosa, Intelligenza etica.

Questo stringato elenco non esalta solo di singole specializzazioni intellettivo-disciplinari, ma è altrettanto utile nel contesto educativo-formativo, poiché queste molteplicità intellettive hanno un compito davvero importante: cioè quello che, a livello didattico-metodologico e psico-pedagogico, si può fare per la formazione globale delle nostre studentesse e dei nostri studenti, tanto a livello multi/pluri/intra/disciplinare quanto a livello umano relazionale etico, estetico  e socio-ambientale.

Queste per noi sono le più semplici ragioni per le quali le prove Invalsi non sono formative come dovrebbe essere una vera e globale formazione scolastica per il prossimo futuro che ci attende.

Detta in termini grezzi: Che ne facciamo di una esaltante intelligenza matematica se questa non sa rapportarsi e relazionarsi anche all’interno di una intelligenza etica, linguistica, naturalistica, musicale, spaziale, filosofico-esistenziale, creativa, etc.?

E ancora: Come mai le prove Invalsi si sono gerarchicamente impostate sulle due materie (Italiano, Matematica) che sin dalla nascita della Scuola media (1° ottobre 1963) hanno fatto la parte delle “prime della classe”?

E allora: Come mai che nelle prove Invasi è stata scelta la lingua Inglese, quella oggi dominante, piuttosto che il Cinese, l’Arabo, il Giapponese o un’altra ancora? Siamo sicuri che per il prossimo futuro delle nostre generazioni sia davvero la conoscenza dell’Inglese utile per trovare nuovi e inediti contesti di lavoro?

A questo punto ci viene pure da dubitare sull’idea che le prove Invalsi hanno dell’intelligenza umana, dei suoi potenziali neuronali, poiché noi possiamo anche dimostrare che, tanto per fare un esempio, l’Intelligenza musicale a livello neuronale: promuove la neuroplasticità e aumenta la connettività (fibre bianche) producendo sinaptogenesi, non solo ippocampale (ci rende, in definitiva, più intelligenti); facilita la comunicazione e l’espressione emotiva; induce il movimento e la danza stimolando la corteccia motoria e i gangli della base; migliora l’acquisizione del linguaggio (per esempio nei dislessici e nei sordi congeniti); fornisce una stimolazione sensoriale (per esempio negli autistici e nei non vedenti); riduce il dolore, dando conforto (per esempio nei pazienti oncologici o depressi e nel lutto); crea un senso di appartenenza, induce comportamento prosociale, rafforza la coesione; induce sonno nel bambino, è rilassante nell’adulto, può rallentare l’EEG; è piacevole in quanto stimola il centro del piacere (nucleo accumbens), il sistema dopaminergico striale del rinforzo, e produce endorfine e oppioidi.

Al pari del linguaggio o del movimento, la musica è in grado di plasmare il sistema nervoso, anche grazie alla sua forte componente emotiva.[1]

Ora, proprio perché ogni intelligenza è solo un piccolo tassello mirato a formare l’intero puzzle neuronale di un cervello plastico in grado di mostrarsi pronto e aperto sia all’incontro che all’interscambio dei saperi, possiamo affermare che le prove Invalsi, cosi fatte, offendono la persona sia nella sua interezza che nei confronti delle sue ampie potenzialità intellettivo-creative.

[1] Mado Proverbio A., Neuroscienze cognitive della musica, Zanichelli, Bologna 2020, pp.1-2.